Giuseppe Gibelli nacque a Santa Cristina in provincia di Pavia nel 1831 e vi morì nel 1898.

Frequentò la facoltà di medicina a Pavia e dopo aver esercitato la professione per alcuni anni fu nominato assistente di Botanica dell’Università di Pavia. Non deve stupirci questo tipo di percorso di studio perché a quei tempi i corsi di Botanica erano attivi solo nelle facoltà di medicina.  Dopo aver ricoperto diversi incarichi anche a Modena e Bologna e aver frequentato i laboratori tedeschi, all’avanguardia nel considerare la botanica non solo una scienza descrittiva ma una disciplina basata sull’analisi microscopica delle strutture, sull’esperimento e sulla coltura, nel 1883 venne chiamato a ricoprire la cattedra di  Torino.

L’Orto Botanico torinese grazie a Gibelli  si trasformò in una struttura moderna: aule, sale per gli erbari, laboratori per allestire i vetrini dei preparati con i relativi microscopi per l’osservazione e le camere lucide per la realizzazione dei disegni. Arricchì molto le collezioni dell’erbario torinese, donando anche la sua personale composta da oltre 20.000 esemplari.

                 

Si dedicò più all’approfondimento degli argomenti delle sue ricerche che alla pubblicazione dei risultati: sono numerosi gli studi inediti, molti dei quali sul Mal del Castagno. Nel 1875 Gibelli ebbe l’incarico dal Ministero dell’Agricoltura di studiare questa grave patologia, conosciuta anche come mal dell’inchiostro a causa del colore nerastro assunto dalle radici affette da questa malattia. Egli osservò che gli apici delle giovani ramificazioni apparivano rivestiti a dito di guanto da un cappuccio di ife fungine. Inizialmente pensò che tale struttura fosse in relazione con la malattia, poi osservò che era presente sia in piante di castagno malate sia sane, infine vide che molte altre specie arboree presentavano la stessa situazione di stretto rapporto fra radichette e ife, senza  presentare delle malattie. Gibelli documentò la struttura con illustrazioni e osservazioni che evidenziavano il rapporto di simbiosi, lo stretto rapporto fra nutrizione minerale della pianta e presenza del complesso radice-fungo: ebbe però il torto di non dare un “nome” alle strutture da lui descritte per la prima volta e di non formalizzare una teoria generale sulla loro presenza e funzione.

 

                

Altri ricercatori  proseguirono questi studi, in particolare il tedesco Franck, che  nel 1885 coniò il nome di “micorriza” (myco = fungo; rhiza = radice), tuttora in uso perindicare il complesso radice-fungo. Dimenticò però di citare Gibelli e le descrizioni da lui fatte poco tempo prima, per cui i testi attribuiscono a Franck la paternità della scoperta delle micorrize, strutture molto importanti nell’equilibrio ambientale.

Presso l’Orto Botanico è ancora visibile la lapide che ricorda il suo direttore che tanta parte ebbe nell’ammodernamento e nello sviluppo della struttura.