Donato Rossetti nacque a Livorno nel 1633 e morì a Torino nel 1686. Era un religioso e studiò all’Università di Pisa dove fu allievo di illustri scienziati. Iniziò ad insegnare a Livorno e la sua fama divenne presto tale che Leopoldo de’ Medici nel 1666 lo inviò nell’isola di Gorgona per studiare le eclissi di luna; svolse così bene l’incarico che ottenne prima la cattedra di logica e in seguito quella di filosofia a Pisa.
Lo spirito e l’intelligenza di Rossetti vennero da lui impiegati in tantissimi campi; si ha notizia di un suo contributo nel progetto di miglioramento del porto di Livorno e partecipò a molti progetti per costruire macchine ed edifici. In cattedra si sentì sempre un po’ vincolato dalle rigide regole dell’insegnamento del tempo, e quindi appena terminavano i suoi compiti istituzionali era pronto al confronto con i suoi allievi o chiunque volesse porre questioni o fare domande.
Fu molto attivo nel dibattito sulle questioni scientifiche del tempo come la struttura della terra, il fenomeno delle maree, il cosmo, il moto perpetuo, l’atomismo e fu invitato più volte ad ammettere che i suoi scritti e le sue teorie fossero opere di fantasia. Proprio a causa delle sue idee fu costretto a lasciare il Granducato di Toscana e si trasferì a Torino dove risiedeva già un suo fratello.
Il nostro uomo non aveva certo un carattere facile, come indica il suo biografo Francesco Pera: “Se avesse saputo domare la sua indole intollerante e irrequieta, sarebbe vissuto più tranquillo, e forse avrebbe notato più facilmente quelle verità, che non si lasciano vedere fra le tempeste delle contumelie, ma chiare si manifestano nella serenità della calma”.
A Torino si fece apprezzare come consulente per la costruzione di fortificazioni e strutture idrauliche. Divenne quindi matematico e fu ammesso a corte con diversi incarichi come precettore alla corte dei Savoia fino a diventare “Matematico Regio”.
Negli inverni della sua permanenza a Torino si occupò dello studio dei fenomeni nevosi. Egli pubblicò un piccolo ma prezioso volumetto di poco più di 40 pagine che riporta sul frontespizio queste parole: “La figura della neve di Donato Rossetti, Canonico di Livorno. Dottore in Scienze Teologiche già lettore di Filosofia nell’Università di Pisa e or Maestro delle Matematiche di Sua Altezza Reale. In Torino M. DC. LXXXI per la Vedova Gianelli e Domenico Paulino. Con licenza dei Superiori”
Rossetti afferma di prendere spunto dagli studi fatti ad occhio nudo o con semplici lenti e dalle pubblicazioni di Keplero e di Cartesio. Già si ipotizzava che i cristalli della neve avessero una struttura esagonale, ma si dovette aspettare il 1665, con Robert Hooke, per vedere pubblicati i primi schizzi dei cristalli e il 1681 quando Rossetti presentò una disamina molto più articolata sull’argomento.
Il canonico racconta di essersi occupato per sei inverni successivi, dal 1675 al 1681, di questi fenomeni: furono prese in considerazione 144 nevicate. La tecnica utilizzata fu quella di raccogliere i fiocchi di neve su piccole assicelle nere e poi di procedere all’osservazione al microscopio. Vennero annotati anche dati sulle temperature rilevate con un “termometro di 50 gradi di acquarzente” (alcool – nda) e furono riportati i dati sulla pressione atmosferica rilevati con un barometro di Torricelli. Dobbiamo pensare che il microscopio utilizzato dal livornese non aveva nulla a che fare con strumenti anche minimamente sofisticati.
Nell’introduzione del volumetto, dedicata al lettore, Rossetti dice: “Mi son risoluto di pubblicarne la parte, che contiene le differenti figure della Neve, ad oggetto di non tardar più a compiacer quegli amici, e padroni, che si mostrarono tanto bramosi di vederle da me descritte, e disegnate; quando egli vivono in paesi o che non patiscono la neve, o che la patiscono di rado, e più di rado resistente sotto il Microscopio: che è quello, che ne discuopre il tanto di maraviglioso, di cui ho più fiate dato loro alcun cenno. Che è ciò, di che ho voluto farti consapevole o Lettore affinchè ti fia nota la cagione, per la quale dell’Istoria de’ Geli or dò fuori questa sol parte; dove a veder cose molto molto più stupende di quelle, che gli anni addietro ti mostrarono i miei M.m. S.s. (manoscritti-nda)della stupendissima figura della Brinata, t’invito, desiderandoti felicità”.
Grazie al microscopio oltre alla distinzione in bruscoli, fiocchi, punti, rosette e granelli (già indicata da Cartesio), “conobbi di veder cose che non le avrei credute”, “la prima fiata che col microscopio osservai le rosette della neve divisai sognare o travedere”. “Le quali figure ponno a mio giudizio esser fondamento di stimare che la natura con agio ponga il più del suo studio, della sua industria e della sua diligenza e accuratezza in formar le rosette della neve, in adornarle e rendere con varietà mirabilmente vaghe, galanti e bizzarre, abbenchè ogni segno a noi sensibile ci additi che colassù, ove elle si forman tra le nubi, il tutto sia inquieto, fluttuante e agitato tumultuariamente, e in modo che la nostra natura non abbia a potervi costrur cosa se non ve la costruisca abborracciamente e senza verun riguardo, pigliando per tempo opportuno di unir i componenti, l’istante in cui, portati a caso, a caso si incontrano per qualche verso”.
Rossetti osserva che esistono cristalli di tutte le fogge “di innumerabili sorti e forse due non sono medesimamente rabescati” e ad ogni nevicata ne compaiano di nuovi. Cerca poi di catalogarli e presenta intere pagine del suo volumetto con bellissimi disegni di queste straordinarie strutture geometriche. Questi disegni per più di due secoli saranno l’unica testimonianza della struttura dei cristalli di neve: si dovrà infatti attendere il 15 gennaio 1885, quando Wilson A. Bentley, contadino del Vermont, conosciuto come “Snowman Bentley”, per la prima volta scatterà una fotografia di un singolo cristallo di neve utilizzando una macchina fotografica applicata ad un microscopio e successivamente, quando affinerà la sua tecnica, pubblicherà degli articoli: il primo, di una lunga serie, risale al 1898.